A CINQUE STELLE
Mario Delfino, autore di Investire nel Fotovoltaico
Il vino rotolò all'interno del bicchiere, portando con sé una scia di smorfie inebetite, di membra rattrappite, di aerei presi al volo, di occhi supplicanti di donne. Il passato si spiegò, un lenzuolo ben stirato che copre ogni angolo del letto. Il vino arrestò dolcemente il suo movimento.
Roteò il bicchiere: il liquido rosso ondeggiò, lentamente, sprigionando un profumo pieno, persistente. Accostò le labbra al cristallo: bevve con il naso quel profumo. Poi, poche gocce scivolarono dal bordo del bicchiere e colarono tra le labbra: inumidirono la lingua, il palato, lo stomaco. Reclinò impercettibilmente la testa, socchiuse gli occhi.
E' possibile amare chi ci tradisce?
Non riusciva ad odiare il Gran Toscano. Lo chiamava così, nel suo inglese appena velato da un'ombra di spagnolo. Un vino robusto, strutturato, forte, come la sua corporatura, come la sua vita romanzesca, come la sua gelida inflessibilità davanti alle vittime. Una macchina da guerra perfetta. La sua leggendaria crudeltà al servizio di un cervello nato per uccidere. Una statua del male. Un metro ed ottanta per novanta chili. Esperto di arti marziali, si serviva con divina precisione di pistole, mitra ed esplosivi, per portare a termine gli incarichi commissionatigli dagli Stati amici. Nessuna debolezza. Neanche per le tante donne che aveva avuto. Anzi, no. Posò il bicchiere sul tavolo. Una macchia di colore c'era in quella vita altrimenti trasparente agli sguardi disperati dei segugi sguinzagliati dalle polizie e dai servizi segreti di mezzo mondo. Una macchia di colore rosso scuro. Il Gran Toscano del 1997. Un'annata eccezionale, a cinque stelle.
Due anni prima, a Parigi, i servizi segreti israeliani erano andati vicinissimi alla cattura, combinando, addendi di una somma improbabile e perversa, i suoi occhi grigio bianco con la scelta del Gran Toscano del 1997. Il suo viso era irriconoscibile, dopo la plastica facciale. Ma gli occhi, quelli no. Il ghiaccio che riempiva il suo sguardo, conferendogli la stessa stordente inespressività dello squalo, era una ferita aperta nella memoria di chi lo aveva incontrato. I servizi segreti israeliani avevano cucito pazientemente la ragnatela nella quale imprigionarlo, ma, lui, silenzioso come un sorriso, si era eclissato nella notte parigina.
E' possibile chiedere ancora di chi ci tradisce?
Incurante dell'errore commesso due anni prima a Parigi, lo aveva ripetuto a Berlino. La notte berlinese, però, non era stata clemente, come quella parigina. E la ragnatela dei servizi segreti israeliani, stavolta, si era chiusa su di lui.
E' possibile perdonare chi ci tradisce?
Lo avevano fissato, increduli. Poi si erano guardati a lungo, temendo chissà quale diavoleria dietro la sua richiesta. Alla fine, avevano acconsentito.
Riprese il bicchiere e sorseggiò. Con voluttà. Con la foga di sciogliere nel liquido rosso scuro le briciole di vita che gli restavano. Con la rabbia di consumare il suo desiderio. L'ultimo.
fonte: Letti in un sorso
Nessun commento:
Posta un commento